Nota dell'autrice:
Questa ff nasce come un esperimento narrativo e stilistico….naaaaa ma che dico…nasce invece dalla voglia di far coincidere presente e passato…e come ho detto ad Alex…pensare che queste due dimensioni temporali sono unite…un tutt’uno, come dire che Oscar sono sempre qui, nella nostra nostalgia, e lì nella fantasia dei nostri ricordi…
Tutto qui… ^_^
Lo Specchio Addormentato
II° parte
 
 
Erano passate alcune settimane da quel giorno in cui Oscar aveva devastato la sua stanza…ma nessuno lo seppe mai…rimise tutto in ordine…rimise tutto a posto…rimise la maschera.
Una sera, rientrando trovò la comunicazione che la madre, appena rientrata a Parigi  la attendeva nelle sue stanze…Oscar non si aspettava di trovarla a palazzo rientrando dalla caserma… immaginava che sarebbe tornata a Parigi solo per Natale, per il suo compleanno…ne fu felice…vedere la madre la riempiva di gioia, una felicità che cullava dentro di sé e che la madre intuiva in uno sguardo…la mia Oscar non mi abbraccerebbe mai…lo so…non è da uomo…, con tutta la sofferenza nel cuore Madame Jarjayes si era allontanata da Parigi, anche per ragioni di salute ma soprattutto per non assistere all’auto distruzione della figlia…per non vedere una donna che non sarebbe mai stata tale…
Oscar si avvicinò alle stanze della madre, era ansiosa di vederla per riempirsi il cuore della calda bellezza di quella creatura che nonostante tutto l’amava…
“Madre sono io…posso entrare?”
“Entra Oscar”…la sua voce…vellutata come quando ero piccola…
Si vennero incontro…e Oscar arrossì…voleva stringerla…ma non ne aveva il coraggio…di quante cose non ho avuto il coraggio…
La madre lesse nel suo pensiero e per non tradirla…già per non tradirla…le fece segno di accomodarsi sul divano…bambina mia…stai tranquilla…un giorno mi abbraccerai senza paura…un giorno…
“Oscar…ti trovo bene…anche nella nuova uniforme”
“Grazie madre…”
“Il tuo nuovo incarico?”
“Impegnativo…certo le strade di Parigi  non sono come i giardini di Versailles”
“Immagino”
Ma dove vuole andare a parare con questo discorso…fare amena conversazione? O cos’altro?
Madre e figlia si guardavano…si assomigliavano, ma la bellezza della madre così dolce e rassicurante era in netto contrasto con la bellezza dura e altera della figlia…
“Oscar…sono venuta a Parigi in questo periodo per un motivo ben preciso…” la sua voce era diventata seria…ma sempre morbida e rassicurante…
“Ditemi madre…”
Oscar ora era curiosa.
“Vorrei che tu venissi con me in Normandia…ho chiesto anche alle tue sorelle di raggiungermi…vorrei avervi con me tutte insieme…”
Ad Oscar sembrava una richiesta quanto meno bizzarra ed inaspettata..ma nel suo stupore non si accorse che quella era la richiesta …anzi l’ultimo desiderio di una madre  che stava morendo…
La signora Jarjayes stava morendo…il medico le aveva diagnosticato un male incurabile..rimedi non ce ne erano.
“Ma madre…io…”
“Hai dei doveri…lo so…ma ho chiesto a tuo padre…”
tutto già deciso…come al solito…Oscar non fece finire di parlare la madre…ritrovò tutta l’impulsività giovanile…si alzò e dirigendosi verso la porta con passo deciso:
“Va bene madre..comunicatemi il giorno della partenza in caserma a Parigi…dovrò sistemare alcune cose”
Oscar colma di rabbia…prese la porta e la chiuse alle sue spalle, trattenendo a fatica il desiderio di spaccarne i cardini…scese di corsa le scale e andò in cucina…un bicchiere di vino…solo uno…
Entrando nella stanza vide la nonna che tagliava della verdura…delle lacrime solcano quel viso anziano…
“Nanny…ma stai piangendo?”
La donna anziana si riprese immediatamente, sfoderando uno dei suoi ampi e gioiosi sorrisi…
“Oh Oscar…no..ma che dici!   Le cipolle…colpa delle cipolle…quella stupidina di Annette se ne è dimenticata…”
Oscar le sorrise…ma piangeva dentro anche lei…sul tavolo non c’erano cipolle…
“La signora mi ha detto….”
La Normandia…Oscar si ricordò della sua rabbia…non aveva voglia di riprendere l’argomento neanche con la nonna …
“Sì…anzi devo andare in caserma a Parigi…”
Uscì dal palazzo e si diresse alla scuderia…dopo poco dalla finestra la governante la vide uscire già in sella, pronta per lanciarsi al galoppo…ora questo palazzo rimarrà vuoto…Andrè…Oscar…

“Ragazzo…sei pronto…?”
era proprio…bonario e grassoccio…non con la barbetta ma i baffetti sì…
ormai era tornato l’autunno…ed i colori delle foglie erano meravigliosi per quegl’occhi tornati a vivere tornati a brillare…
“Dottore…pronto? Certo!”
“Bene ragazzo …su non ci stare un minuto di più qua dentro!”
Non se lo fece ripetere due volte…
Uscendo dall’ingresso principale il sole investì il viso di un uomo…era pallido…ma nascondeva quel pallore sotto una barba che aveva provveduto a farsi sistemare quella mattina..i capelli neri erano raccolti in una coda di cavallo..un nastro di velluto nero scendeva sulla sua spalla…due intensi occhi verdi si socchiusero…ma brillavano dalla gioia…
adesso poteva tornare alla sua vita…da lei…

Era passato già un po' di tempo da quando Andrè aveva lasciato palazzo Jarjayes…sembrava l’ombra di se stesso…si era diretto a sud verso la Provenza, aveva pensato di imbarcarsi per la Corsica o l’Italia..non aveva molta importanza la destinazione…
Aveva la sensazione che più si allontanava da Parigi più il suo dolore, il suo rimorso…crescesse…si sentiva annientato dalla colpa…è tutta colpa mia…
Dopo quella maledetta notte …non aveva saputo reagire e aveva obbedito all’ordine di Oscar …quelle parole rimbombavano nella sua testa come pesanti martelli…non vuole più avere bisogno di nessuno…di me…
In quella confusione di quei giorni aveva anche valutato la possibilità comunque di rimanerle accanto…magari arruolandosi nei soldati della guardia…ma la sua cecità stava diventando un problema insormontabile…ormai distingueva a fatica le forme..i colori erano sbiaditi…stava perdendo tutto…
Decise di scappare…preferiva che Oscar provasse per lui dell’odio ma non la pietà per la sua menomazione…era l’alba….riuscì a scrivere un biglietto e lo depose sotto la porta della donna che amava da tutta la sua vita…e scappò…
Oscar…odiami…e dimenticami…considerami morto...perché quella notte ai tuoi occhi sono ..morto…perdona almeno queste parole…io ti amo…amo la candida rosa bianca che sei…addio”
Aveva vagato di paese in paese, di lavoro in lavoro…non riusciva a fermarsi mai..la sua inquietudine lo spronava a continuare a scappare…non c’è luogo che possa accogliere il mio dolore…
Una notte un temporale lo sorprese senza un riparo…la costa era vicina…avrebbe potuto continuare…ma era esausto, cavalcava da ore…notò un piccolo monastero…
In quel luogo di pace e meditazione trovò ristoro e finalmente comprensione…

 

Fine 2° parte
                                                                                                                                   Mik

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